May 21, 2009

TEST GENETICI: DAL MEDICO OPPURE ON-LINE?

di Giulia Realdon

Il desiderio di conoscere il proprio futuro (qualcuno direbbe destino) è vecchio quanto l’uomo. Oggi questo desiderio sembra ragionevole e facilmente esaudibile, data la disponibilità di test genetici ad accesso diretto, venduti liberamente su internet con la promessa di informare l’acquirente sul proprio “profilo genetico”: si possono così conoscere la “salute delle ossa, il livello di antiossidanti/detossificazione dell’organismo, la salute cardiaca, tendenza all’infiammazione e all’insulino-resistenza” (i settori di analisi sono tratti dal sito di un’azienda che offre servizi di test genetici). Basta inviare un campione di saliva o di cellule ottenute strofinando la mucosa orale, riempire un questionario on-line e pagare una cifra che va dai 300 agli oltre 1000 dollari (a seconda del numero dei test richiesti) per ricevere, sempre via internet, una sorta di diagnosi di rischio accompagnata da consigli relativi all’alimentazione e all’attività fisica. In qualche caso segue anche il suggerimento di acquistare un costoso integratore multivitaminico venduto dalla stessa azienda che effettua i test. 
Il potenziale acquirente di questi direct-to-consumer test riceve dai media molti stimoli che lo rendono fiducioso nei confronti della diagnosi genetica: effettivamente lo sviluppo della genetica e della biologia molecolare negli ultimi decenni ha prodotto molte scoperte che hanno permesso ai ricercatori di indagare alcune parti del cosiddetto “libro della vita”. I successi della ricerca sono stati amplificati dai media generando nell’opinione pubblica l’idea di un determinismo genetico entrato anche nel linguaggio comune. 
Il concetto di malattia genetica, cioè di condizione patologica che si trasmette come carattere ereditario, risale agli studi di genetica classica di inizio ‘900, quando Archibald Garrod coniò la definizione “errore congenito del metabolismo” (1908) in riferimento ad una di queste condizioni, l’alcaptonuria, dovuta ad un gene autosomico recessivo (è necessario ricevere il gene mutato da entrambi i genitori (portatori) per ereditare la malattia). Garrod è famoso anche per l’espressione “un gene una proteina” che definiva sinteticamente la causa di questo genere di malattie, nelle quali la mutazione di un gene altera la funzionalità di una proteina necessaria per l’attivazione di qualche importante circuito biochimico dell’organismo. Nel caso di malattia dovuta ad un gene dominante basta ereditarlo da un genitore: chi ha il gene ha la malattia. Gene autosomico significa situato su uno dei 44 cromosomi che non sono né X né Y. Per questo motivo gli errori congeniti del metabolismo venivano (e vengono) diagnosticati attraverso test biochimici focalizzati sui processi alterati dalla malattia, ad esempio tramite il dosaggio di specifici metaboliti nel sangue o in altri campioni biologici. Da allora sono state individuate molte malattie genetiche e numerosi test per diagnosticarle, alcuni dei quali, come il test di Guthrie per la fenilchetonuria, sono eseguiti di routine fin dagli anni ’60 sui neonati dei paesi industrializzati. Nel caso della fenilchetonuria, causa di gravi alterazioni neurologiche e handicap dovute ad un gene autosomico recessivo, un regime dietetico controllato è sufficiente a prevenire lo sviluppo della malattia. 
Da una trentina d’anni le ricerche di genetica molecolare, culminate nel sequenziamento del genoma umano (prima bozza nel 2001; completato nel 2003), hanno portato alla scoperta di numerose mutazioni associate a malattie, allo stato di portatore o alla predisposizione ad ammalarsi. A queste ricerche è seguita, da parte delle aziende biotecnologiche, la messa a punto di test genetici, ossia di esami in grado di individuare specifiche varianti nella sequenza del DNA. Tra gli strumenti e metodiche impiegati ricordiamo: 
• l’uso degli enzimi di restrizione, enzimi che tagliano il DNA in corrispondenza di sequenze specifiche; 
• il DNA fingerprint, ossia l’ “impronta digitale” che permette di confrontare segmenti di DNA; 
• la PCR, reazione a catena della polimerasi, che produce copie multiple di segmenti di DNA; 
• i chip a DNA, matrici di sonde di DNA per individuare contemporaneamente un gran numero di segmenti complementari di DNA o RNA. 
Attualmente sono disponibili oltre 1100 test diagnostici di tipo genetico, compresi quelli per la ricerca delle SNP (snip), ovvero variazioni di singole basi azotate presenti in almeno l’1% della popolazione e sparse ogni 100-300 dei circa 3 miliardi di coppie di basi che costituiscono il genoma umano. Le SNP sono utilizzate come marcatori di geni di interesse diagnostico. In realtà il nostro destino non è tutto scritto nei geni, poiché le cause delle malattie più temute nei paesi industrializzati sono raramente riconducibili ad un solo fattore causale. Esistono, è vero, malattie genetiche mono-fattoriali a penetranza (percentuale di individui che avendo il difetto genico manifestano un fenotipo clinico) completa, nelle quali la presenza di uno (se dominante) o due geni mutati è causa necessaria e sufficiente a determinare la malattia, come nel caso della Corea di Huntington, della malattia di Tay-Sachs o della fibrosi cistica, la meno rara delle malattie genetiche con un bambino colpito ogni 3-4000 nati (a seconda dell’area geografica considerata). Perfino per queste malattie, tuttavia, la penetranza non arriva al 100% e l’espressività (ossia la gravità dei sintomi) può variare anche in misura notevole da un paziente all’altro. 
Molte altre malattie, invece, si sono dimostrate più complesse in relazione alle cause che le determinano, spesso numerose e conosciute in misura incompleta, ed alle modalità di trasmissione/diffusione all’interno di una famiglia o della popolazione studiata. Per queste patologie, tra cui molti tumori, malattie cardiovascolari, diabete mellito, malattie degenerative del sistema nevoso come quelle di Alzheimer e di Parkinson, si riconosce un’origine multifattoriale, cioè dovuta ad un’insieme di cause che coinvolgono non solo specifiche mutazioni del DNA, ma anche fattori ambientali e lo stile di vita. Essendo complesso il rapporto di causalità tra questi elementi e l’insorgere della malattia, essi vengono definiti “fattori di rischio” e, presi singolarmente, determinano al più una predisposizione ad ammalarsi piuttosto che una causa diretta ed ineludibile di malattia. Le stesse mutazioni o polimorfismi genetici coinvolti in una singola patologia sono spesso più di uno tanto che essa non si trasmette come carattere mendeliano semplice (dovuto ad un singolo gene) ma come carattere poligenico o semplicemente più frequente tra coloro che portano una certa configurazione di geni. 
Fatte queste precisazioni, è abbastanza evidente che la diagnosi genetica è una procedura complessa per la maggior parte delle malattie più diffuse e che i dati genetici, una volta conosciuti, richiedono comunque l’interpretazione e la mediazione di un esperto, ossia di un consulente genetico. Solo il medico genetista è in grado di valutare gli specifici elementi emersi dai test e di correlarli con altri esami e con le evidenze cliniche del paziente: a volte potrà individuare un aumentato rischio di malattia suggerendo le misure idonee per la prevenzione o la diagnosi precoce, a volte non avrà evidenze significative e potrà rassicurare il paziente, rammentandogli comunque la necessità di uno stile di vita sano (quello che una persona di buon senso adotterebbe in ogni caso). Qualche volta i test genetici possono rivelare una condizione ad esito infausto e non suscettibile di trattamento: a maggior ragione queste informazioni, per le loro conseguenze dirompenti, vanno comunicate dallo specialista, con la dovuta assistenza psicologica che permetta di accettare una “condanna genetica” quando, magari, i sintomi temuti non sono ancora presenti. 
Per concludere, la diagnosi genetica è spesso di grande utilità per la diagnosi di malattia e per un eventuale trattamento terapeutico (ad esempio per alcune forme di leucemia o per la terapia anticoagulante con warfarin). E’ anche facilmente prevedibile un aumento delle possibilità offerte dai test genetici nel futuro, soprattutto nel campo della farmaco-genomica, cioè della medicina personalizzata in base al profilo genetico. E’ il caso comunque di ricordare che è utile prevedere ciò che si può prevenire o curare in qualche misura, e che i risultati dei test genetici sono dati sensibili, la cui conoscenza non autorizzata può dar luogo ad abusi e discriminazioni, per non parlare di possibili derive eugenetiche. 

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